La dieta chetogenica è utilizzata da parecchi anni in ambito clinico come dietoterapia specifica per le epilessie farmacoresistenti in età pediatrica; già da alcuni decenni è studiato il suo impiego anche nel trattamento in patologia come sovrappeso e obesità, nelle quali mostra risultati sorprendenti e relativamente rapidi; la sua diffusione avviene a partire dagli anni 90, quindi possiamo beneficiare di parecchi studi scientifici a medio termine che ne provano i benefici e stabiliscono le controindicazioni. I protocolli chetogenici sono studiati tuttora come dietoterapia per diabete e sindrome metabolica, per diversi tipi di cefalea, per alcune patologie tumorali e per alcune patologie neurologiche (Alzheimer e Parkinson).
La dieta chetogenica è utilizzata da parecchi anni in ambito clinico come dietoterapia specifica per le epilessie farmacoresistenti in età pediatrica; già da alcuni decenni è studiato il suo impiego anche nel trattamento in patologia come sovrappeso e obesità, nelle quali mostra risultati sorprendenti e relativamente rapidi; la sua diffusione avviene a partire dagli anni 90, quindi possiamo beneficiare di parecchi studi scientifici a medio termine che ne provano i benefici e stabiliscono le controindicazioni. I protocolli chetogenici sono studiati tuttora come dietoterapia per diabete e sindrome metabolica, per diversi tipi di cefalea, per alcune patologie tumorali e per alcune patologie neurologiche (Alzheimer e Parkinson).
Alcuni brevi cenni sulla fisiologia: come funziona la dieta chetogenica? Sappiamo bene come il glucosio (derivante dai carboidrati) sia la fonte primaria di energia per il nostro organismo, e che è l’unico carburante per il cervello umano, perché in grado di attraversare la barriera ematoencefalica.
In condizioni normali, con una corretta assunzione di carboidrati, l’insulina stimola la formazione di lipidi (grassi, attraverso un processo chiamato lipogenesi) e sopprime la produzione di corpi chetonici (sostanze derivate dalle scorte di grassi, che vengono prodotti in situazioni particolari, come un digiuno prolungato o un lungo periodo senza introduzione di carboidrati). Quando, in presenza di un ridotto consumo di carboidrati, non siamo più in grado di produrre quantità di glucosio sufficienti, il nostro organismo deve cercare energia altrove: aumentano i livelli di glucagone (ormone antagonista dell’insulina) che promuove la lipogenesi e l’ossidazione mitocondriale di acidi grassi. Questo processo favorisce la produzione di corpi chetonici (acetoacetato, b-idrossibutirrato e acetone) e l’instaurarsi di una condizione chiamata chetosi, del tutto fisiologica, che ci permette di avere energia anche in condizioni particolari. In questo modo i grassi o lipidi vengono mobilizzati dai tessuti di riserva e vengono utilizzati a scopo energetico per tutto il corpo, e i chetoni diventano il nuovo carburante per il cervello.
Nella chetosi fisiologica la presenza di corpi chetonici nel sangue passa da 0.1 mmol/l fino a circa 7-8 mmol/l, senza però determinare alterazione significative del pH, normalmente intorno a 7.4.
Durante la chetosi fisiologica vengono utilizzati i grassi per risparmiare le proteine, evitando quindi una perdita di massa magra (muscolare) e favorendo soprattutto la perdita di massa grassa (adipe). E’ dunque importante considerare un maggior apporto proteico, sempre bilanciato e controllato; a tal proposito ricordiamo che, nonostante aumenti il consumo di proteine giornaliero, non si tratta di una dieta iperproteica bensì normoproteica, rimanendo all’interno dei range di consumo quotidiano raccomandati.
I chetoni in eccesso vengono eliminati attraverso la respirazione in forma di acetone — conferendo all’alito il caratteristico odore acetosico — e tramite le urine (attenzione alla concomitante perdita di sali come sodio, potassio e magnesio!). Inoltre che la chetosi è associata ad una consistente perdita di acqua corporea soprattutto nella fase iniziale, che determina una importante perdita di peso iniziale e deve essere ripristinata attraverso un adeguato apporto idrico.
Inizialmente è possibile osservare sintomi di una “keto-flu”, una sorta di influenza, che si manifestano nei primi 2-4 giorni dall’inizio di una chetogenica e indicano un adattamento del corpo all’utilizzo dei chetoni come energia; possono manifestarsi per esempio vertigini, affaticamento, stanchezza, disturbi del sonno e stipsi.
Tengo molto a sottolineare due precisazioni importanti: per prima cosa la chetosi fisiologica indotta dalla dieta chetogenica non va assolutamente confusa con la chetoacidosi diabetica, una condizione patologica e molto grave, che può svilupparsi nei soggetti affetti da diabete di tipo I in assenza di terapia insulinica portando a un repentino aumento di corpi chetonici nel sangue, con un accumulo in circolo e scarsa utilizzazione a livello dei tessuti, provocando un netto calo del pH del sangue con esito talvolta infausto. In secondo luogo è fondamentale evitare il fai-da-te in quanto esistono numerosi protocolli di diete chetogeniche, che vanno adattati alla singola persona in base alle esigenze. Prima di iniziarla è necessario valutare alcuni esami ematochimici e valutare lo stato di salute e l’assenza di patologie non appropriate al regime chetogenico.
In ultimo, mi preme ricordare che la chetogenica rappresenta uno stile di vita e una vera e propria dietoterapia per alcune patologie, non è la dieta per la ‘prova costume’. Per seguirla occorrono forza di volontà e una motivazione reale e ben identificata.
BIBLIOGRAFIA
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